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Maurizio Laudicino, originario di La Spezia, ma Livornese di adozione, organizzatore di eventi, esperto di comunicazione e di marketing, vanta una carriera durata anni alla direzione della storica Capannina del Forte, oggi dirige il marketing della US Pistoiese calcio, dopo tre stagioni trascorse al Pistoia Basket, terminate quest’anno con la promozione della squadra dei biancorossi nella massima serie.

Lo studio e l’applicazione del marketing sportivo lo hanno portato negli anni a mettersi sempre in discussione e a spaziare in vari ambiti. Prima nelle aziende e successivamente nelle società sportive di rugby, calcio, tennis e basket.

Dott. Laudicino, dopo una carriera trentennale nel marketing, prima generale e poi nel settore sportivo, quest’anno lascia il Basket, il Pistoia Basket in particolare, per nuovi progetti.  Dove la sta portando la sua filosofia ‘Sport Marketing Formula’? Cosa c’è nel suo futuro?

Dove mi stia portando non so dire, sono molto fatalista e credo che in qualche modo occorra farsi ‘trasportare’ dagli eventi. Sicuramente l’aver messo per iscritto idee ed esperienze di una vita mi ha esposto a livello mediatico e mi ha proiettato in una dimensione per me nuova. Abituato a lavorare dietro le quinte mi sono trovato spesso al centro del palcoscenico e questo mi ha creato qualche imbarazzo, ma devo dire che alla fine non è poi così male. Sono passato da una dimensione di monomandatario ad una di free lance impegnato in svariate consulenze per società sportive e no, attività che mi sta progressivamente coinvolgendo e che di certo mi tiene lontana la noia! Vedere le mie teorie raccontate in aule universitarie, discusse in salotti tv e poi applicate in numerose discipline mi ripaga dei sacrifici di una vita.

Maurizio Laudicino-credits Maurizio Laudicino

Ha sempre detto che le maggiori soddisfazioni sono nel lavorare nel settore dilettantistico, lavorare con gli sport minori. La pensa ancora così?

Fare le cose più difficili regala soddisfazioni più grandi e farlo in realtà di dimensioni medio piccole ti porta a contatto con la passione, con quella vera e questo è affascinante. Quando sali di livello si perdono immediatamente i connotati di genuinità, di altruismo a favori del business a tutti i costi, dell’interesse personale. Nello sport professionistico vive e vegeta il virus dell’opportunismo e sempre più marginali sono professionalità e competenza, per questo continuo a pensare che il dilettantismo ed il settore giovanile sono le fondamenta da cui ripartire per ripensare lo sport in Italia. Le mie sortite a Cagliari e Sestu, a Lucca, a Livorno per seguire rugby, basket e scuola calcio non le cambierei che nessun’altra opportunità mi dovesse capitare, nemmeno in serie A.

Il concetto di mettere il tifoso al centro, riallacciare il rapporto sentimentale tra tifosi e club, per lei che vive lo sport all’interno, come si concretizza? 

È possibile mettere in pratica le regole scritte o incontra degli ostacoli?

Le regole che ho messo nero su bianco le ho potute codificare dopo averle sperimentate sul campo, dopo aver vissuto il rapporto con la gente, in mezzo alla gente, a disposizione della gente. Capisco non sia facile calarsi in una dimensione così popolare, rendersi disponibile h24 a qualsiasi tipo di istanza, ma è stato per me fondamentale per capire. L’ascolto è la fase propedeutica, è la fase ineludibile su cui deve poggiare la costruzione di un rapporto sano e stabile con tutti coloro che poi alla fine sono i reali finanziatori dello sport in Italia, ovvero i tifosi. Durante il lockdown abbiamo sperimentato quanto lo sport a porte chiuse, senza spettatori, diventi un qualcosa di inguardabile, di poco coinvolgente, direi di inutile! Attorno alla capacità o meno di ricreare un rapporto con i fan girano le speranze di un futuro diverso da quello drammatico che si sta prospettando. E non sottovalutiamo la funziona sociale: solo lo sport è in grado di strappare ragazzi al vortice digitale che così tanti problemi sta creando alle nuove generazioni; la fascia 13-16 trascorre 11 ore al giorno seduta e 4 mesi su 12 tra social e videogames. Questa è una piaga della quale prima o dopo qualcuno dovrà farsi carico, o no?

copertina libro Maurizio Laudicino

Come sta andando il suo manuale ’Sport Marketing Formula’? Ha altri progetti editoriali in corso?

Ho iniziato a buttar giù un sequel, che racconti quanto dopo il primo manuale sia accaduto. Ma sono ancora in fase primordiale, preso come sono da mille impegni. Ebbi la possibilità di dedicare tempo alla stesura del primo proprio grazie alla sosta forzata imposta dal Covid, non oso sperare un altro stop del genere per poter ultimare il secondo libro! Scherzi a parte, mi piacerebbe poter uscire in libreria dopo la prossima estate.

In questi giorni è stato visto da migliaia di telespettatori come protagonista in una nota trasmissione televisiva. Come riesce a conciliare i suoi impegni di lavoro con questa nuova realtà? Cosa l’ha spinta a mettersi in discussione e alla prova in maniera così personale? 

Non è facile, ammetto di aver azzardato magari con un pizzico di ottimismo di troppo. I tempi della tv sono particolari, diversi da quelli della vita reale e questo comporta sacrifici enormi specie per chi, come me, ha tre figli ancora molto giovani. Ma ormai sono in ballo e non mi resta che ballare!

Quali sono i successi nella sua carriera che ricorda con maggior soddisfazione sia nelle aziende che in campo sportivo? 

Beh, in campo sportivo i successi si vivono in maniera forte, a livello emotivo sono scosse fortissime che rimangono negli anni. La promozione dalla Lega Pro alla serie B nel mio primo anno da responsabile marketing è un qualcosa che porterò sempre nel cuore. L’insperata salvezza in serie B l’anno successivo, sempre a Livorno è un bellissimo ricordo, così come lo è la vittoria della Supercoppa di A2 a Pistoia lato basket e la promozione recentissima in A1. Aggiungerei anche la finale (persa) con l’Imolese per salire in serie B con lo stadio emiliano tutto esaurito. Ma la soddisfazione di questi successi non è tanto esercizio di narcisismo o di vanagloria, semmai la gioia consiste nell’aver visto migliaia di persone felici, questo è l’aspetto per me più importante. Fuori dallo sport ricordo l’esperienza in Cina del 2009 insieme alla mia famiglia e gli anni da general manager alla Capannina di Franceschi di Forte dei Marmi.

Cosa consiglierebbe ad un giovane che voglia intraprendere la sua carriera nel marketing sportivo, oggi?

Consiglierei di partire dal basso, dai piccoli o piccolissimi club che lottano ogni giorno per sopravvivere. Ma consiglierei di farlo solo dopo aver fatto esperienze nel marketing extra sportivo perché è lì che si comprendono realmente le esigenze delle aziende. Spesso si pensa che le aziende debbano investire nello sport per grazie ricevuta, ma nessuno pensa mai cosa debba fare lo sport per le aziende… È questa la chiave di volta per recuperare appeal e riportare imprenditori seri attorno ai rettangoli di gioco. Vendere un cartellone a bordo campo ad uno sponsor non è fare marketing, e quando qualcuno se ne sarà fatto una ragione, forse tutto il movimento forse sarà pronto per il salto di qualità che altrove, all’estero, in molti hanno già fatto.

Vorrei terminare con una domanda che, forse, nessuno le ha mai fatto. Segue lo sport per lavoro e anche come tifoso appassionato, penso alla sua anima amaranto, ma quando segue una gara come genitore, cosa prova il suo cuore di manager? 

Ho avuto la ‘fortuna’ di avere due maschi che hanno fatto sport sempre a livello amatoriale e questo mi ha consentito di seguirli senza alcuna ansia o stress. Vederli fare sport solo per svago mi ha regalato ogni volta molta tranquillità, oltre che soddisfazione. Invece, la più piccola, Nickole di 14 anni, gioca a tennis già ad alti livelli e questo mi crea qualche grattacapo in più! Cerco di essere un fantasma quando gioca e di non incidere in nulla nelle sue decisioni ma non nego che vederla giocare non mi è indifferente, anzi mi emoziona sempre. Gli aspetti manageriali per quel che la riguardano sono ancora precoci; quindi, vedremo se mai il babbo dovrà anche tramutarsi in manager…

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