Il debutto alla regia di Paola Cortellesi racconta la storia di una donna che cerca di liberarsi da un marito violento nella Roma del 1946.
Un messaggio di speranza e di coraggio per le vittime di oggi.
La violenza di genere è un fenomeno che affligge milioni di donne in tutto il mondo, indipendentemente dall’età, dalla classe sociale, dall’origine etnica o dalla religione.
Si tratta di una violazione dei diritti umani e di una forma di discriminazione basata sul sesso, che si manifesta in diverse modalità: dalla violenza fisica e sessuale, alla violenza psicologica ed economica, allo stalking, alle mutilazioni genitali femminili, al femminicidio.
Secondo l’Istat, in Italia il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 13,6% da parte di partner o ex partner, il 24,7% da parte di altri uomini.
Le donne straniere sono particolarmente esposte alla violenza, soprattutto da parte dei partner o ex partner (20,4%). Le conseguenze della violenza sono gravi e durature, sia sul piano fisico che psicologico, e spesso le vittime non trovano il sostegno adeguato per denunciare gli abusi e uscire dalla spirale di violenza.
Per sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere una cultura del rispetto e dell’uguaglianza tra i generi, il cinema può svolgere un ruolo importante, raccontando storie di donne che hanno affrontato e superato la violenza, mostrando le difficoltà, le paure, le resistenze, ma anche le risorse, le speranze, le opportunità.
Un esempio di questo tipo di cinema è il film “C’è ancora domani”, opera prima di Paola Cortellesi, che ne è anche la protagonista e la sceneggiatrice.
Il film, presentato alla 18ª edizione della Festa del Cinema di Roma, ha ottenuto due premi, tra cui il premio speciale della giuria e una menzione speciale come miglior opera prima.

Per quei pochi (si spera) che non hanno ancora visto il film, ecco la trama.
Il film è ambientato nella Roma del 1946, tra le macerie della guerra e il fermento del referendum istituzionale e dell’elezione dell’Assemblea Costituente. Delia (Paola Cortellesi) è una donna che vive in una condizione di oppressione e violenza da parte del marito Ivano (Valerio Mastandrea), un uomo autoritario e violento, che la maltratta fisicamente e verbalmente, e del suocero Ottorino (Giorgio Colangeli), un vecchio dispotico e livoroso.
Delia ha tre figli, tra cui la primogenita Marcella (Romana Maggiora Vergano), che disprezza la madre per la sua passività e sogna di sposarsi con un ragazzo di buona famiglia, Giulio (Francesco Centorame), per cambiare vita. Delia accetta la sua situazione senza ribellarsi, pensando che sia il suo destino, e trova conforto nell’amicizia con Marisa (Emanuela Fanelli), una donna allegra e ottimista, e in Nino (Vinicio Marchioni), un meccanico con cui ha avuto una relazione in passato.
Un giorno, però, Delia riceve una lettera misteriosa, che le dà la forza di reagire e di immaginare un futuro diverso, non solo per lei, ma anche per i suoi figli e per le altre donne.
Il film di Paola Cortellesi è un’opera di grande valore artistico e sociale, che riesce a coniugare il dramma con la commedia, la storia con l’attualità, la denuncia con la speranza.
La regista e attrice dimostra una grande sensibilità e una profonda conoscenza del tema della violenza di genere, che affronta con delicatezza, ma anche con coraggio e determinazione.
Il film non si limita a mostrare la sofferenza e la paura delle vittime, ma anche la loro forza e il loro desiderio di cambiamento. Il film non si concentra solo sulla violenza domestica, ma anche su altre forme di violenza e discriminazione che le donne subiscono nella società, come la violenza sessuale, lo sfruttamento, il razzismo, il sessismo.
Il film non si arrende alla rassegnazione e al fatalismo, ma propone una visione positiva e propositiva, basata sui valori della libertà, della democrazia, della solidarietà, dell’educazione, della cultura.
Il film di Paola Cortellesi è un film che deve essere visto dai ragazzi e dagli uomini di oggi, perché offre una lezione di civiltà e di umanità.
Perché invita a riflettere sulle radici e sulle conseguenze della violenza di genere, perché stimola a prendere coscienza e a responsabilizzarsi.
Perché incoraggia a contrastare e a prevenire la violenza, perché promuove una cultura del rispetto e dell’uguaglianza tra i generi.
Il film di Paola Cortellesi è un film che fa bene sì, alle donne, ma anche agli uomini, perché dimostra che la violenza non è una questione di sesso, ma di potere, che la violenza non è una fatalità, ma una scelta, che la violenza non è una soluzione, ma un problema, che la violenza non è mai giustificabile, ma sempre condannabile, che la violenza non è mai l’ultima parola, ma c’è sempre domani.