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Si parla molto di ChatGPT, il programma basato sull’intelligenza artificiale (AI) che sembra in grado di fornire risposte in gran numero a domande su un gran numero di tematiche.

Dopo le indiscrezioni secondo le quali Microsoft sarebbe pronta a procedere all’acquisizione del software di OpenAI, ora arriva però un primo allarme di non poco conto.

A segnalarlo sono stati i ricercatori di Check Point Research, la divisione Threat Intelligence di Check Point Software, secondo i quali ChatGPT potrebbe essere utilizzato dagli hacker per dare luogo ad attacchi mirati.

Un allarme che è stato lanciato dopo l’utilizzo della chat al fine di scrivere e-mail e codici tesi a colpire i dispositivi degli utenti. Modus operandi che è del resto tipico dei pirati informatici, i quali potrebbero ritrovarsi la strada spianata da un uso accorto del software in questione. Un avvertimento di cui occorre tenere conto in un momento in cui la criminalità informatica è in considerevole aumento.

L’esperimento di Check Point Research

I ricercatori di Check Point Research hanno deciso di utilizzare l’AI nel preciso intento di varare, naturalmente per fare test e analisi, messaggi di posta elettronica di phishing, quindi contenenti link e documenti infetti.

In particolare, con l’utilizzazione di ChatGpt sono riusciti a creare automaticamente una missiva di posta elettronica recante al suo interno un documento Excel allegato che veicolava codice dannoso, con il quale dare luogo ad un attacco “reverse shell”.

ChatGPT potrebbe rivelarsi una risorsa preziosa per la pirateria informatica

In pratica si tratta di una tipologia di minaccia grazie alle alla quale gli attaccanti sono in grado di connettersi al computer personale della vittima e leggere tutte le informazioni contenute al suo interno. È stato Sergey Shykevich, Threat Intelligence Group Manager di Check Point Software, a spiegare che ChatGpt può portare ad un vero salto di qualità nel panorama delle minacce informatiche. Chiunque, avendo risorse minime e nessuna conoscenza informatica rilevante, è in grado di sfruttarlo con estrema facilità.

Intanto le scuole vietano ChatGPT

ChatGPT è diventato un vero e proprio fenomeno online. Se, però, inizialmente il suo arrivo è stato salutato da grande entusiasmo, ora iniziano ad affacciarsi le preoccupazioni etiche e relative alla sicurezza connesse alla sua diffusione.

Tra coloro che stanno lanciando grandi allarmi per il suo possibile impatto negativo ci sono soprattutto le istituzioni scolastiche e accademiche. Trattandosi di un bot conversazionale, infatti, ChatGPT è in grado di scrivere testi del tutto simili a quelli degli esseri umani. Scuole e università hanno quindi deciso di reagire ad un andazzo estremamente pericoloso, imitati dall’International Conference on Machine Learning (Icml), che ne ha proibito l’utilizzo per la scrittura di articoli accademici.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti è stato il Dipartimento dell’Educazione di New York il primo ad intervenire, proibendo ChatGPT all’interno delle scuole pubbliche dello Stato. New York ha subito trovato un prezioso alleato nella municipalità di Los Angeles, la quale ha stoppato preventivamente l’accesso a ChatGPT in tutte le reti e i dispositivi del Distretto scolastico unificato della metropoli californiana.

Ancora più decisa la risposta dell’Australia ove le università locali, organizzate nel The Group of Eight, hanno deciso senza eccezione alcuna di stroncare ogni possibilità in tal senso tornando all’uso di carta e penna.

Per non dare adito a possibili dubbi, hanno inoltre dato luogo ad un aggiornamento del regolamento interuniversitario, bollando come illegittimo l’uso di intelligenze artificiali nel corso degli esami o durante la scrittura di articoli accademici. È stato il Guardian a sottolineare le sanzioni erogate a danno degli studenti sopresi nel tentativo di aggirare il divieto.

È in arrivo anche GPTZero

Se le università e le istituzioni scolastiche hanno deciso di non lasciare spazi a ChatGPT, c’è anche chi ha deciso di impegnarsi attivamente al fine di contrastarne l’utilizzo.

In particolare è stato uno studente di Princeton ad attivarsi per battere il bot di OpenAI, creando GPTZero, app che si prefigge come unico scopo l’individuazione di testi scritti usandolo.

Si preannuncia quindi un fuoco di sbarramento sempre più intenso contro un software che, con tutta evidenza, è sempre più avvertito come una minaccia, più che alla stregua di una reale opportunità.

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