La scoperta in Svezia, del più grande giacimento di terre rare conosciuto in Europa potrebbe aprire nuove prospettive per il vecchio continente, in questo momento dipendente quasi interamente dalla Cina per la fornitura di minerali i quali sono in effetti molto richiesti nei settori della tecnologia avanzata e delle energie rinnovabili. In particolare la loro disponibilità risulta fondamentale per una serie di prodotti come le fibre ottiche, i magneti e le batterie ricaricabili.
A darne l’annuncio è stato il gruppo minerario svedese LKAB, il quale ha anche precisato come le terre rare in questione siano state rintracciate nella regione di Kiruna, posizionata nella parte settentrionale del Paese. Secondo le prime stime dovrebbe essere presente non meno di un milione di tonnellate di questo genere di metalli.
Se l’annuncio della scoperta ha generato notevole entusiasmo, occorre anche sottolineare come lo sfruttamento dipenda dal rilascio dei permessi estrattivi e dalle analisi preliminari. La stessa azienda ha dal canto suo ricordato che ci vorranno non meno di 10 o 15 anni per poterlo iniziare.
Perché la scoperta di terre rare in Svezia è così importante
Il primo commento sulla scoperta è arrivato ad opera di Jan Moström, amministratore delegato del gruppo svedese: “Questo è il più grande giacimento di terre rare conosciuto nella nostra parte del mondo e potrebbe diventare un importante tassello per la produzione di materie prime critiche, assolutamente cruciali per la transizione verde”.
In effetti si tratta di un evento di non poco conto, alla luce del fatto che sino a questo momento l’Europa ha scontato l’assoluta dipendenza dalla Cina, ove è posizionato circa il 35% delle riserve che possono essere sfruttate al momento, tanto da detenere una quota corrispondente al 95% del mercato globale.
I lavori per lo sfruttamento del giacimento dovrebbe avere inizio nel 2027 e dovrebbero avere luogo all’interno di un parco industriale circolare a Lulea, il quale farà leva su una nuova tecnologia per l’estrazione e la lavorazione di fosforo, elementi terrestri e fluoro basata sulla produzione mineraria attualmente esistente.
Le terre rare sono in totale 17 e nella lista rientrano il cerio (Ce), il disprosio (Dy), l’erbio (Er), l’europio (Eu), il gadolinio (Gd), l’olmio (Ho), il lantanio (La), il lutezio (Lu), il neodimio ( Nd), il praseodimio (Pr), il promezio (Pm), il samario (Sm), lo scandio (Sc), il terbio (Tb), il tulio (Tm), l’itterbio (Yb) e l’ittrio (Y). Tra gli utilizzi maggiori occorre ricordare quelli relativi a telefoni cellulari, televisori, batterie, auto elettriche, generatori di turbine eoliche e pannelli fotovoltaici.
Terre rare: e l’Italia?
Nel 2013 si era diffusa erroneamente la notizia relativa al rinvenimento del più grande giacimento di terre rare a livello continentale, in Italia. Una notizia la quale, purtroppo, non corrisponde al vero. In realtà, ad essere stati rinvenuti sono i più grandi giacimenti europei e secondi a livello mondiale di antimonio (in Toscana) e di Titanio (in Liguria).
Anche in questo caso, nonostante non rientrino nella definizione tipica delle terre rare, si tratta di elementi fondamentali nella produzione di smartphone e pannelli solari, quindi in grado di essere sfruttati dal punto di vista economico in un Paese che pure non abbonda di risorse minerarie. In effetti, l’economia hi-tech non potrebbe fare a meno di queste materie prime e si stima che non meno di trenta milioni di posti di lavoro nell’eurozona dipendano proprio dall’accesso alle stesse. Si tratta quindi di un tema sempre più strategico per ogni Paese, compreso il nostro.
In Italia, però, lo sfruttamento delle poche esistenti non avviene, tanto da spingere Mattia Pellegrini, all’epoca responsabile per le materie prime nella Commissione Europea, ad affermare che nel nostro Paese abbiamo una vera e propria cassaforte ripiena di tesori nascosta nel terreno, senza che però ci si degni di sfruttarla.